Inaugurazione ufficio anagrafico Ponte di Nona
A Ponte di Nona inaugurato un ufficio anagrafico decentrato del Municipio Roma VI
Partecipazione, è online l’Albo della cittadinanza attiva e delle reti civiche di Roma Capitale

Le zone a 30 km/h e la città di 15 minuti sono inconciliabili? – il mio articolo su Huffington Post

05/02/2024

Le zone a 30 km/h e la città dei 15 minuti sono inconciliabili?

No, sono complementari, come abbiamo cercato di sintetizzare in questo articolo su HuffPost Italia📰

Le zone a 30 km/h e la città di 15 minuti sono inconciliabili?

Da Roma la nostra idea di città: sostenibile, accessibile, inclusiva e partecipata, con la capacità di usare a tali scopi la contemporaneità delle tecnologie senza lasciare che le stesse prendano il sopravvento e diventino fine

Circolano in rete locandine e domande (che si vorrebbero) retoriche del tipo “Pardon Gualtieri, come si concilia Roma in 15 minuti con la città a 30km/h?”. Malgrado l’evidente intento degli autori di limitarsi a promuovere una banale polemica di stampo qualunquista, proviamo a prendere sul serio la provocazione e a rispondere, richiamando gli argomenti principali che testimoniano come le due realtà lungi dall’essere inconciliabili per parecchi versi sono complementari.

Sempre più città hanno istituito strade a 30 km/h

Intanto una constatazione che è una premessa fondamentale: sono sempre di più le città che hanno istituito strade e aree a 30 km/h e che lavorano al contempo per il modello dei 15 minuti, ripensando cosi gli spazi e i tempi di vita in quartieri non solo centrali e semicentrali, puntando ad aumentare la sicurezza urbana e a ridurre la necessità di spostamento delle persone.

Pensiamo in Europa a Bruxelles, Parigi, Barcellona, rimanendo in Italia a Milano e Bologna, spostando lo sguardo oltre il vecchio continente a Bogotà, Vancouver e Rio de Janeiro. Insomma, per rassicurare interlocutori, critici e detrattori a priori va rimarcato che Roma non è sola in questa sfida per la vivibilità e la prossimità in cui l’obiettivo è assicurare che le principali funzioni della quotidianità – dal lavoro alla scuola, alla cultura, allo sport, al trasporto pubblico, al verde, al commercio, alle attività ricreative – siano a “portata di mano”, per usare lo slogan che accompagna ormai da due anni le nostre iniziative di discussione, approfondimento teorico e diffusione dei risultati.

La città a 30 km/h e quella dei 15 minuti guardano entrambe all’orizzonte del miglioramento della qualità di vita di chi ha scelto gli aggregati urbani: la prima si propone di farlo riducendo morti e feriti soprattutto tra i ciclisti e i pedoni senza tra l’altro, come evidenziato dagli studi in materia, incidere particolarmente sui tempi di spostamento con mezzi privati, in ambiti urbani dove il limite è 50Km/h; la seconda lo fa realizzando servizi e luoghi di comunità e di convivialità laddove sono assenti o carenti, riducendo l’abbandono e migliorando i livelli di servizi, socialità e sicurezza dei quartieri. Perché strade, piazze e giardini più vissuti dalla cittadinanza, più illuminati, dove aumentano le attività, le presenze e gli interscambi migliorano il segno e la qualità delle relazioni umane.

I servizi di prossimità e la città dei 15 minuti

Come ulteriore puntualizzazione ricordiamo che, se la realizzazione di servizi di prossimità guardando ai 15 minuti come bussola è già diffusa da qualche anno, più di recente paesi diversi sia per caratteristiche strutturali che per leadership politiche come Olanda e Spagna hanno votato in parlamento dei testi di legge che prevedono i 30 Km/h per le strade urbane. Che poi al crescere del territorio di riferimento non sia opportuno agire sulla totalità ma vadano fatte scelte di merito sulle aree da rallentare e quelle da lasciare a maggior velocità è davvero un’ovvietà.

Qualcuno, probabilmente anche l’autore della domanda richiamata in apertura, definisce sprezzantemente tali politiche “fighette” e radical chic. A questi è opportuno ricordare che le grandi realtà metropolitane nel mondo oggi si caratterizzano non solo per le profonde distanze in termini di reddito presenti al loro interno ma anche e soprattutto per le disuguaglianze socio-spaziali, cioè quelle che si misurano in termini di accessibilità a servizi come la scuola, la sanità, la cultura, gli impianti sportivi, le scuole, gli asili nido. Politiche per la prossimità come quelle per la città dei 15 minuti servono a contrastare questa tipologia di disuguaglianze e a ridurre la dispersione scolastica, ad aumentare l’accesso alla cura, a incoraggiare la pratica sportiva e la vitalità culturale oltre le barriere economiche all’ingresso.

Si tratta di politiche che mirano a migliorare la qualità soprattutto degli ultimi, dei penultimi e dei tanti che non vivono nei segmenti dei centri cittadini dove tutte queste cose già esistono. E allora dove sta il fighettismo? Forse nel tentativo di ricucire la città a partire dalla centralità delle sue periferie, per Roma da San Vittorino e Torbellamonaca a Cesano, da San Basilio e Quarticciolo a Bastogi, Corviale e Nuova Ostia?

La nostra idea di città dopotutto è semplice: sostenibile, accessibile, inclusiva e partecipata, con la capacità di usare a tali scopi la contemporaneità delle tecnologie senza lasciare che le stesse prendano il sopravvento e diventino fine. A questo lavoriamo certi che le romane e i romani sapranno essere motori di cambiamento, non tanto per andare più veloci quanto per vivere meglio.

Leggi anche